A cura della Redazione
Caro Direttore, dopo averci pensato un po’, per evitare una reazione a caldo e il conseguente rischio di non essere obiettivo, ti chiedo d’ospitarmi affinché possa dire la mia sulla targa - che tal è, non una lapide, come di norma si usa in questi casi - in via Parini, all’esterno della casa ove nacque Michele Prisco. Innanzitutto, ritengo che la cosa non riguardi solo l’Istituto Scolastico che l’ha ideata, realizzata e messa in opera, e gli eredi dell’illustre scrittore; ma essendo stata posta sulla pubblica strada, è diventata un “affare” pubblico, non solo dal punto di vista che definirei formale-giuridico, ma soprattutto da quello sostanziale. E come tale l’Ente Locale ha il diritto-dovere di interessarsene. In che modo? Innanzitutto, secondo me, verificando se vi sia un pubblico interesse a che si sappia chi è nato in quella casa, non fosse altro per evitare di vedere per la città una proliferazione di targhe e targhette sul tipo di quella che si vede in via Garibaldi, che tutto sommato è innocua e predispone al sorriso, cosa non da poco nella nostra città. Superato positivamente questo primo controllo, l’Ente ha il dovere di scendere nel merito di ciò che vi sta scritto, e verificare attentamente se sia rispettato il fine che le lapidi (ed anche le targhe) in genere si propongono, che è quello di trasmettere al pubblico (contemporanei e posteri) il ricordo di chi vi è immortalato ed i motivi dell’onore che gli si tributa. E qui siamo arrivati al nocciolo della questione: cosa capisce il cittadino medio di ciò che si legge nella nostra targa? Cosa significa che Michele Prisco è stato “maestro di ampia libertà di espressione”? Temo che qualcuno possa leggervi “scriveva comme vene vene?”. Ma, a parte la battuta che spero mi sia perdonata, è proprio vero che è per questa sua “libertà di espressione” che il nostro concittadino ha avuto unanimi riconoscimenti dalla critica letteraria? Ed ancora, cosa significa “depose un segno-stazione della vicenda dell’uomo e della natura?”. Anche qui, a parte la battuta che viene spontanea, e cioè che deporre è verbo da galline, quel terribile “segno-stazione”, a voler essere benevoli, potrebbe far venire alla mente un punto d’arrivo e ovviamente di partenza. Ed ancora mi chiedo (e chiedo a chi leggerà queste righe e, ahimè, ai due eterni duellanti che su altro foglio discettano di cose del genere), si può mai dire questo di Michele Prisco, che cioè è un punto di arrivo della letteratura italiana del secondo Novecento e che da lui parte la letteratura del nuovo millennio? Io, di persona, conosco in questa città, oltre ai due cripticamente citati, tre o quattro persone che potrebbero dire la loro. Ce ne saranno sicuramente molte altre, ma non ho il piacere di conoscerle. Se ti va, caro Direttore, apri un dibattito, che poi i giornali anche a questo servono. Grazie e auguri di buon lavoro. P.S. Dimenticavo di dire che anche una spolveratina alla sintassi non sarebbe stata inutile. Francesco Maria Cucolo già sindaco di Torre Annunziata Egregio avvocato Cucolo, il dibattito è aperto. Naturalemente TorreSette ospiterà gli scritti di tutti coloro che intendono intervenire sull’argomento. D’altronde è una prerogativa essenziale delle nostre testate e, in particolare, del quotidiano on line dove è attivo un forum permanente: “Dite la Vostra”.