A cura della Redazione

E’ deceduta all’età di 57 anni Luisa Formisano, docente di Inglese al Liceo Artistico “Giorgio de Chirico” di Torre Annunziata. Il dirigente scolastico Felicio Izzo la ricorda così.

  Luisa era una persona che coltivava il valore della discrezione. Un motivo in più per ricordarla. In un mondo in cui l’urlo è il modo più incisivo per comunicare  e l’ostentazione del mento, nel deambulare, l’effigie dell’uomo sicuro di sé, il sommesso affidarsi alle pause del pensiero, il procedere senza fretta e senza ansie per un futuro che si ignora, ma senza timore, sono virtù che passano inosservate solo agli occhi di chi non ha occhi.

  Di lei ho sentito bisbigliare: “Per fortuna non lascia figli!”. Come se la vita fosse un fatto di quantità, di accumulo. Una contabilità da aggiornare: gli amici avuti, le auto acquistate, le persone incontrate, i soldi guadagnati, il corteo gioioso dei nipoti. Ignorando che il vivere è soprattutto un sentire, un verbo che non si coniuga solo al presente, capace di occupare uno spazio ben più grande di quello che può accogliere il proprio corpo con la realtà del suo essere. Non c’è esistenza che non sia un originale universo e come tale infinito. Certo da condividere con il mondo, ma senza dazi da pagare che non siano quelli che l’anima si impone. 

  E poi suonava tanto più beffardo quel “per fortuna non lascia figli”, per lei, Luisa, che da bambina aveva visto la chiesa riempirsi dei suoi compagni di scuola, per la morte del padre. A questo riandavo col ricordo mentre vedevo la cortina di nubi abbassarsi sul mare a dare continuità alla costa di fronte. E mi è venuto da pensare che chissà quante volte l’avrà notato anche lei, Luisa, questo gioco del mare con le nubi e che in fondo potrebbe continuare a farlo, attraverso i miei occhi e quelli del mondo passeggere del momento che sarà. Perché in fondo su questa terra tutto passa ma senza  mai passare veramente, senza mai finire del tutto.

  E non si muore mai da soli. Almeno finché ci saranno scuole come quella dove lavoro, quella che l’ha accolta, amata e rispettata. Quella degli alunni che l’hanno accompagnata, offrendole i loro volti pensosi, gli sguardi muti, ma anche quei fiori deposti secondo un composto cerimoniale, durante la funzione, accanto al legno che ora la accoglie. In quel momento li ho sentiti nella loro sfacciata sicurezza, più grandi e veri di me, di noi, i loro docenti, lì, in chiesa con loro. E ho provato  l’orgoglio di sentirli “nostri”, così sinceri e spontanei. Come quella scuola che tutti ci accoglie e che forse anacronisticamente antepone la solidarietà alla competizione, l’inclusività alla celebrazione delle eccellenze, ma che proprio per questo sentiamo intimamente nostra, senza distinzioni e con noi ancora e per sempre di Luisa. Perché Luisa era un’insegnante. Certo con i limiti di tutti noi insegnanti, ma con tutto l’affetto di cui siamo capaci, con tutto il cuore possibile.

Perciò ti ricordo, ti onoro e ti piango. Sorella nell’umanità, collega nel cuore! 

FELICIO IZZO