Cornuti e mazziati. Una strada, via Sepolcri, interrotta per sette lunghi anni, con disagi enormi per residenti, cittadini e automobilisti. Un ponte abbattuto per l’ampliamento delle corsie autostradale e tardivamente ricostruito. E alla fine il comune di Torre Annunziata deve anche sborsare oltre 7 mila euro per il pagamento di spese processuali.

La vicenda è relativa all’abbattimento e alla successiva realizzazione del nuovo ponte di via Sepolcri, una delle opere pubbliche più discusse negli ultimi tempi, e per la quale ci sono voluti ben sette anni affinché giungesse a compimento.

Le Autostrade Meridionali, per realizzare la terza corsia dell’A3 Napoli-Pompei-Salerno, abbatterono il ponte. Era il giugno 2006. Nonostante gli accordi tra la società e il Comune prevedessero poco più di quattro mesi per la ricostruzione dell’infrastruttura e la riapertura della strada, i tempi si allungarono spropositatamente a causa della presenza del vecchio sistema fognario sottostante il manto autostradale. Di lì, la necessità di trovare soluzioni tecniche per “aggirare” il problema, che hanno richiesto anni ed anni di studi. Alla fine si decise di baypassare il vecchio sistema fognario con l’entrata in funzione del nuovo collettore.

I disagi per i cittadini furono enormi. Via Sepolcri, infatti, è la principale arteria di collegamento tra Torre Annunziata ed i Comuni vesuviani limitrofi (Boscotrecase e Boscoreale, principalmente) e costituisce quella più veloce per raggiungere l’ospedale di via Lenze ed il cimitero.

Numerose furono le manifestazioni di protesta della popolazione, soprattutto in ragione del fatto che, con l’interruzione della strada, gli automobilisti, ma anche gli stessi residenti della zona, erano costretti a fare giri iperbolici per raggiungere le loro destinazioni.

Così, visto il prolungarsi dei tempi, l’allora giunta, sempre guidata dal sindaco Giosuè Starita (siamo nel 2007), approvò una delibera con la quale si dava mandato all’Avvocatura di procedere ad una citazione in giudizio, in sede civile, per il pagamento dei danni procurati all’assetto stradale cittadino per la prolungata chiusura di via Sepolcri, e del risarcimento per i cosiddetti danni esistenziali cagionati alla collettività. Nel 2009 fu notificato l’atto di citazione nei confronti della Società Autostrade.

Il Tribunale di Torre Annunziata nel 2013, però, diede torto all’Amministrazione comunale. Per il giudice monocratico, Micaela Formica, le pretese del Comune erano da reputarsi del tutto «generiche» dal momento che non venivano puntualizzati, nella citazione, i «titoli specifici di danno» inerenti  ai «necessari e inevitabili interventi manutentivi» e «le opere di adeguamento alle mutate necessità viarie, ivi compresa la regolazione della circolazione».

Per quanto attiene, invece, al danno esistenziale, il giudice ha ritenuto, anche in questo caso, troppo vaghe le argomentazioni fornite dal Comune. «Non vi è indicata (nell’atto di citazione, ndr) alcuna specifica perdita patrimoniale subita dalla collettività in ragione della interrruzione della sede viaria - scrive Formica -. L’Ente (il Comune, ndr) non ha indicato alcuna spesa che sia conseguenza immediata e diretta del ritardo con il quale sarebbero stati eseguiti i lavori di ampliamento della sede autostradale», presupposti questi ultimi perché potesse configurarsi il danno.

Ed ancora: «La maggiore difficoltà nel raggiungere i siti indicati in citazione (in particolare l’ospedale e il cimitero, ndr), derivante dalla necessità di percorrere tratti viari alternativi, non sembra comportare la lesione di interessi costituzionalmente protetti. D’altronde - puntualizza il giudice - il Comune non ha specificato quali prerogative costituzionalmente tutelate risulterebbero compromesse nel caso di specie».

In sostanza, l’Amministrazione non ha prodotto una «prova di danni» effettivamente subiti dalla collettività, tali da giustificare la pretesa risarcitoria.

Per questo motivo, il Consiglio comunale sarà chiamato ad approvare, nella prossima seduta, il debito fuori bilancio che ammonta a 7.118,78 euro. 

Il danno che si aggiunge alla beffa dopo dieci lunghi anni di una storia davvero paradossale.

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