A cura della Redazione

Pubblichiamo la lettera inviataci da una nostra collaboratrice, Anna Aricò. Le sue sono parole struggenti con le quali ha voluto ricordare il figlio Carlo Tamburro, scomparso prematuramente tredici anni fa a seguito di una grave malattia. Carlo avrebbe festeggiato il compleanno il 22 giugno prossimo.

Con la pubblicazione di questa lettera, speriamo di rendere vivo il ricordo di Carlo e allo stesso tempo di tutti quei figli che, purtroppo, le mamme hanno dovuto seppellire troppo maledettamente presto.

Lettera al figlio per il suo compleanno.

Soffia nel mio dentro la sensazione di averti ancora qui con me e sento per un attimo la tua presenza.

Tu gioia dei miei occhi e sorriso della mia anima.

Mio il primo nome da te balbettato dopo i tuoi vagiti e tuo, forse, l’ultimo che chiuderà i miei giorni dopo lo scorrere del mio tempo.

Tuo il nome che si chiude nella mia gola per soffocarla col dolore…

Il tuo nome ancora mi accompagna con una vicinanza infinitamente lontana, impalpabile, soggetta al mio dubbio, alla mia forzata rassegnazione .

Figlio... ti sento o voglio sentirti ancora vivo vicino a me, ti sento volteggiare nei miei pensieri anche se non ci sei più.

Sei nato al cielo e mi sembra che sia sempre possibile incontrarti, di sentire la tua voce, di godere ancora della tua presenza, di sentire la dolcezza che sentivo quando mi sorridevi... Figlio caro dove sei? Che cosa sei ora? Ti ricordi di me e delle piccole cose terrene? Che resta ormai di tutto ciò se non le mie lacrime che bagnano i tuoi oggetti quando li stringo alle labbra per baciarli tentando di baciare te, sperando in un cenno d’amore.

Ti ricordi di me? Mi ami come prima? Mi pensi come allora quando tutte le mie preghiere erano per te, quando aspettavo di vederti con ansia per darti il mio affetto e sapere che stavi bene?

Cosa sei ora? Che ci aspetta dopo la morte? Che diventiamo?

Ho paura che sia come quando non siamo nati ancora, senza coscienza di quello che viviamo, chiusi dentro una placenta che ci nutre ma oscura la luce ai nostri occhi.

Ho paura che tu sia uscito dal guscio terreno per entrare in quello celeste e non abbia più cognizione di ciò che eri nella placenta di questo universo dove mi hai lasciato a soffrire la tua assenza.

Ho paura che tu ti sia trasformato in chissà quale dimensione e che tu non sia mai più il mio piccolo bambino.

Ho paura che la grandezza del cielo abbia oscurato in te le piccolezze della terra dove mi hai lasciato a soffrire il tuo distacco, la tua assenza, la stretta che sento in gola quando sento la grande solitudine che Dio ha stabilito per questa forzata lontananza.

Solo la fede mi dice che ci ritroveremo, che tu mi vedi dal Cielo, che sarò con te un giorno non lontano ma non mi basta questa semplice rassicurazione.

Ho paura che non sia così. Ho visto la violenza del distacco e la sentenza irrevocabile della Morte. Ho visto l’inesorabile tuo Destino, l’orrido concludersi della tua vita senza possibilità di appello.

Ho visto la crudeltà dello svolgersi di questo evento ed ho paura che questo mondo futuro nella terra in cui scorre latte e miele che si chiama Paradiso, abbia le stesse leggi inesorabili come quelle che ti hanno tolto dalla vita terrena per proiettarti verso questa Eternità che io non conosco ma mi spaventa…

Ho paura delle leggi che governano l’Aldilà, ho paura di averti perso per sempre.

Voglio uscire dagli schemi e dalle consuetudini lasciando libero il mio pianto, senza vergogna dell’altrui giudizio e vorrei parlarti tra il dolore che porto nel petto per vedere se il tuo Dio si commuove e riesce a provare pietà per me che urlo la tua assenza e mi dispero nel silenzio della sua mancata risposta.

Voglio urlare a quel Dio, che prego tanto, di essere misericordioso e, se ne è capace, di uscire dai suoi schemi e dalle sue severe perfezioni per ascoltare la voce di una mamma e mostrarmi così che veramente è Dio, che è il Dio Misericordioso, ed uscendo dalle sue regole e dai suoi statuti possa scendere da quel trono di maestà e grandezza per abbassarsi a me che chiedo solo una piccola cosa... quella di assaporare in un sogno la tua dolce presenza per capire che nulla è perduto e che nulla ha turbato l’esistenza di chi era caro e che ormai non c’è più.

Se tu Figlio riuscissi a scendere da me per acconsentire a questo desiderio non avrei dubbi che Dio sa colloquiare con me.

Allora Dio sì che ti vedrei grande! Non voglio misurare la tua grandezza sul numero di Universi che sai costruire o sugli Spazi Infiniti o le Eternità di cui sei capace. Ma voglio vedere la tua grandezza in una carezza che aspetto o che tu sappia fare, in una misericordia che tu sappia avere, in una dolcezza che salirebbe luminosa sopra tutte le opere grandiose che si attribuiscono a Te e riusciresti a commuovere il mio cuore come faceva una sola carezza del mio dolce Figlio.

Fallo per me Dio! E mi sentirò una sola cosa con te e non penserò più che debba temerti.

Non sai sorridere come sa fare un figlio con la sua mamma qui sulla terra?

Aspetterò mentre piango la mia solitudine di Te e del mio Carlo.

ANNA ARICO'

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