A cura della Redazione

Racconto di Natale dedicato a tutti i genitori che hanno perso un figlio prematuramente.

Ogni famiglia, durante le festività natalizie, è impegnata ad allestire il presepe per celebrare il mistero della nascita di Gesù. Tante casette sul presepe e tutte hanno per tetto una terrazza che è sempre popolata di personaggi affaccendati nelle più svariate attività.

Un po’ di muschio, pezzi di sughero a simulare le rocce e rami di albero completano la scenografia. Le decorazioni ed i personaggi sono distribuiti con arte, si può dire con magia, che supera ogni descrizione o immaginazione. Muri diroccati, case di contadini, fiumicelli, ponti, cascatelle, monti, animali ed, infine, la grotta.

Ma se sul presepe, oltre ai “pastori” ed alla santa grotta dove, illuminato da una tenue luce, sta Gesù Bambino adagiato in una mangiatoia e amorevolmente guardato da Maria e Giuseppe, sullo sfondo mancasse l’azzurro del cielo, a noi tutti sembrerebbe che manchi qualcosa. Qualcosa di veramente importante, il Cielo.

Provate infatti a sollevare lo sguardo verso il cielo e a contemplarne l’immensità. Con l’immaginazione provate a viaggiare nello spazio e, in questo viaggio,  andate oltre. La luna, oltre le stelle, fino alle più remote profondità cosmiche. Ad un certo punto la vostra mente vacillerà e potrete continuare a viaggiare solo con il cuore. E solo con il cuore potrete arrivare là dove un giorno accadde quello che vado a raccontarvi.

Con l'approssimarsi delle feste, gli Angeli sono impegnati a stendere festoni fra le nuvolette e a disporre le decorazioni per la grande festa. Le nonne già volate in cielo preparano i biscotti che tanto piacevano a Gesù Bambino e che gli angioletti, golosi come ogni bambino, si sarebbero contesi riempiendosene le tasche delle tunichette per poi volar via felici. Tutto il Paradiso era in trepida e festosa attesa della Santa Notte.

Gesù amava ogni tanto ridiventare bambino per far felice la Mamma che, passeggiando per il Cielo, lo teneva in braccio. La nonna Anna gli aveva regalato una bellissima  palla dorata che aveva fatto apposta per Lui. Il Bambino era felice per quel dono e, appena giunto in un bel prato, chiese alla mamma di lasciarlo giocare con quella palla. La lanciava in alto per poi riprenderla al volo, la lanciava verso gli alberi che, per allietare il gioco del bambino, giocavano anch’essi rilanciandogliela con un colpo di ramo.

Il Paradiso è come un gran giardino dove anche i roseti sono grandi come querce centenarie, sui rami di quei roseti siedono gli angioletti per riposare le stanche alucce dopo i loro giochi.   Gli angioletti un tempo erano bambini che il Paradiso ha richiamato a sé prima che diventassero adulti e Dio, nella sua immensa misericordia, ha affidato loro il compito di essere vicini alle loro mamme per alleviarne il dolore.

Mentre il Bambino giocava, alcuni angioletti erano intenti a parlare fra loro, facevano discorsi tristi, parlavano delle loro mamme rimaste sulla Terra, ognuno diceva che la sua era la più bella e la più buona e in questa gentile gara era il segno che essi erano ancora vicini alla vita terrena e non se ne erano ancora staccati del tutto per godere della eterna perfezione. Questi angioletti sono spesso ansiosi perché le loro mamme possono ammalarsi e, a volte, piangono perché le loro mamme piangono.

Essi vissero un tempo sulla Terra e giunti in Paradiso ebbero un compito importante, dovevano accogliere le persone che erano partite per l’ultimo viaggio portando con sé solo il bagaglio di conoscenze, di amore e di dolore che avevano accumulato nella vita, tutto il resto lo avevano dovuto lasciare perché alla fine della vita è come se uno avesse viaggiato d’estate con un carico di neve e, arrivato a casa, si accorge di non avere più niente, tutto si è dissolto.

L’allegro gioco di Gesù Bambino aveva interrotto le riflessioni ed il pianto di quegli angioletti ed allora Maria mise il suo braccio attorno alle spalle del piccolo, dicendogli con affetto: “Figliolo non disturbare quegli angioletti con la tua palla”. Il bambino la fissò con l’espressione intristita e disse: “Ma mamma, con questo gioco non do fastidio a nessuno ma forse posso distorglierli dal loro dolore”,  ed avvicinatosi ad essi li invitò ad una passeggiata per il Paradiso.

Ed ecco apparire, in basso, una meravigliosa e grande città cinta di grandi mura, una distesa di terrazze bianche allagate dal sole, sovrastata da torri solenni, e, in cima, una gigantesca fortezza dorata. A quella vista Gesù Bambino si fermò incupito. “Torniamo indietro”, disse sottovoce. "In quella città mi aspetta la morte e una donna, mia madre, piangerà il suo amato figlio”.    

Gli angioletti allora gli dissero: “Vedi Signore, i ricordi e la vista della Terra ci fanno soffrire ancora, a noi mancano le nostre mamme, le nostre case. Quando eravamo sulla Terra, alla vigilia di Natale passeggiavamo per la nostra città illuminata dalle vetrine e si tornava a sera per il cenone e per accendere l’albero di Natale. Le nostre mamme cantavano con tanta allegrezza la ninna nanna e a noi bambini quel cantare così dolce pareva una preghiera. Quanto ci manca quel canto e quanto ci piacerebbe ascoltarlo ancora. In quelle che furono le nostre case la memoria di noi diletti è più forte nel giorno di Natale, come se la nostra anima  aleggiasse nelle nostre case e fra i nostri cari che guardano le nostre sedie lasciate vuote là, in quel posto a tavola, e gli occhi si inumidiscono mentre le labbra sorridono alle dolci pietose memorie”.

Questo dicevano gli angioletti raccoltisi attorno a Gesù che rispose loro: “Le lacrime delle mamme in Terra vengono tramutate in perle delle quali gli architetti del cielo si servono per fare le loro più belle decorazioni. Così per le mamme passano gli anni e passano le loro vite fatte di poca gioia e di molte lacrime, vite per le quali il più valido scudo alla sciagura è l’amore".

E Gesù, allora, volle fare un dono a quegli angioletti: con un gesto del braccio aprì i cieli ed invitò i bambini a guardare giù. Ognuno vide la sua città illuminata. Videro le loro case con la tavola imbandita di cibi profumati e gli alberi di Natale accesi con le palline rilucenti. E quello che più desideravano si avverò, risentirono la voce delle loro mamme. A quelle voci i serafini e i cherubini smisero di cantare, posarono le loro arpe celesti, i Santi rimasero fermi ad ascoltare e tante lacrime si videro spuntare in quegli occhi che pur godevano  della bellezza di Dio, anche le stelle si fermarono ad ascoltare.

Gli angioletti, felici e rassicurati, rimasero ad aspettare il giorno in cui quegli occhi che hanno tanto sorriso e tanto hanno lacrimato si chiuderanno e si apriranno in Cielo per sorridere a loro, finalmente ritrovati. 

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