A cura della Redazione

Iniziativa nazionale promossa da Libera per dire "no" all'emorragia di umanità degli ultimi tempi, con i respingimenti dei barconi di immigrati nel Mediterraneo. 

Una maglietta rossa anche a Torre Annunziata, sabato 7 luglio alle 11.30 sulla spiaggia libera “lido mappatella”. I ragazzi accolti nelle Comunità Famiglia dei Salesiani della Campania, italiani e stranieri si recheranno sulla riva della spiaggia per un minuto di silenzio e per ricordarci che “Non sono un pericoloso, ma sono in pericolo”. 

"Una maglietta rossa per fermare l’emorragia di umanità". È questo l'appello lanciato da Don Luigi Ciotti, nell'ambito dell'iniziativa di sensibilizzazione in favore dei migranti, in particolare bambini. Papa Francesco ci ricorda che "Ogni straniero che bussa alla nostra porta è un'occasione di incontro con Gesù Cristo". 

La scelta del rosso come colore simbolo dell'iniziativa non è stata casuale. "Di rosso era vestito il piccolo Aylan, tre anni, la cui foto nel settembre 2015 suscitò la commozione e l’indignazione di mezzo mondo. Di rosso erano vestiti i tre bambini annegati nei giorni scorsi davanti alle coste libiche", ricordano i promotori. L'idea, quindi, è quella di indossare tutti una maglietta rossa, proprio come loro. Un gesto che, nell'intento degli organizzatori, dovrebbe rappresentare il "mettersi nei panni degli altri, cominciando da quelli dei bambini, che sono patrimonio dell’umanità". Muoiono, questi bambini mentre l'Europa gioca allo scaricabarile con il problema dell'immigrazione.  

La testimonianza di Lamin

Mi chiamo Lamin, vengo dal Gambia ho 17 anni e fino a pochi mesi fa ero nella Comunità famiglia “Mamma Matilde” a casa di Don Bosco. Vi racconto il mio viaggio. Sono cresciuto in un villaggio vicino Benjul, dove la vita era molto difficile. Ho visto povertà, ho visto guerre. Nel mio villaggio dovevamo fare molti chilometri a piedi per poter avere l'acqua potabile anche se la mia nazione ha un grande fiume. La vita non era semplice. Quasi nessuno di noi andava a scuola. Insieme ad altri due amici del mio villaggio, abbiamo sentito parlare di altri ragazzi che erano scappati per tentare la fortuna e una vita migliore. Allora un mattino, senza dire niente ai nostri genitori, abbiamo lasciato le nostre case, e abbiamo iniziato questa avventura. Abbiamo lavorato alcuni mesi dentro una risaia, per fare un po' di soldi e affrontare il viaggio. Durante il cammino, mentre attraversavamo il deserto insieme ad altre cinquanta persone, il mio amico Shamim, a causa del forte caldo e della sete, si è sentito male. Ad un certo punto, quello che guidava il camion vedendo il mio amico che non si riprendeva, lo ha preso e lo ha lanciato giù dal camion abbandonandolo in mezzo a un deserto come un animale. Quando siamo arrivati in Libia pensavo che il peggio fosse passato, ma io e l'altro mio amico, siamo stati portati in un carcere dove siamo stati circa 20 giorni. Eravamo in tanti dentro al carcere: piccoli e grandi di tante nazioni diverse. Usciti da quel posto terribile, io e il mio amico, ci siamo messi a lavorare in un deposito di vestiti, per guadagnare qualche soldo utile a pagare il viaggio attraverso il mare per arrivare in Italia. Prima di salire sul gommone ci hanno chiesto i soldi, ma noi non volevamo darli, perché avevamo paura che anche questa volta saremmo stati derubati e lasciati li. Ma quando quell'uomo ha visto che facevamo resistenza, ha preso la pistola ed ha sparato in faccia al mio amico e lo ha ammazzato. Davanti a quella scena, io e tutti i 150 presenti li, presi dalla paura, abbiamo dato i soldi e ci siamo imbarcati. Dopo circa 10 ore che stavamo sul gommone, si è avvicinata una nave italiana. Quando abbiamo visto la nave, la nostra paura è quasi scomparsa infatti, saliti li sopra, abbiamo raggiunto Salerno. Dal porto, sono arrivato nella comunità. Erano mesi che non mi lavavo in maniera decente, e non mangiamo qualcosa di caldo e fatto bene. Ora ho trovato una nuova famiglia, vedo i ragazzi italiani andare a scuola, giocare e vivere con i loro genitori. Sono le cose che spero di fare anch'io, ma vorrei tanto anche aiutare mia mamma e mio fratello che sono del Gambia. Lì la vita è davvero difficile voi non ci siete mai stati e non sapete com'è vivere in quella nazione, dove ci sono pochi ricchi a tantissimi poveri. Ora la mia vita è bella grazie a Don Bosco. La mattina andavo a scuola, il pomeriggio studio frequentavo l'oratorio. La cosa più bella oggi è che da un anno lavoro in una Pizzeria di Torre Annunziata. Accolto con grande entusiasmo dallo staff della pizzeria, ho iniziato a svolgere le cose più semplici fino ad apprendere tutti i segreti del mestiere e così ora posso aiutare anche la mia famiglia.