A cura della Redazione

Autonomia differenziata. Federalismo fiscale. Regionalismo avanzato. Sono solo tre delle espressioni coniate per ridefinire e riaffrontare – in via più o meno surrettizia, le opinioni già nelle premesse divergono – la secolare questione meridionale.

Questione che proprio per la sua caratterizzazione geografica per essere risolta avrebbe dovuto essere trattata con onestà intellettuale, senso dell’unitarietà e univocità dello stato, volontà d’intervento operativo anteponendo il risultato superiore del bene autenticamente comune alla difesa del proprio “particulare”, quello che storicamente, nella nostra penisola, coincide con il collegio elettorale, il cartello di interessi della propria terra di provenienza e di “elezione” . Proprio come è accaduto per la Germania riunificata in tempi più recenti e anche molto, ma molto, più rapidi. Inutile dire che dei tedeschi gli italiani non hanno i tanti difetti ma non ne condividono nemmeno tutte le virtù.

Così, da sempre, la condizione di minorità alla quale ci ha condannato una lettura ad “usum Delphini” (quelli che risalgono il Po, l’Adige, il Reno, l’Arno, il Tevere e i loro affluenti) della storia dell’Italia post-unitaria, ci ha quasi convinti che paghiamo la colpa atavica e quasi antropologica di una tendenza allo sperpero e l’inclinazione – quando non è conclamata collusione – al malaffare e alla corruzione.

“Di tal genere, se non appunto tali”, saranno gli argomenti affrontati lunedì 16 Settembre, alle 18,00, al Liceo dell’Arte e della Comunicazione “Giorgio de Chirico”, in un convegno promosso dall’associazione “La paranza delle idee”. In particolare, la domanda alla quale si cercherà non di dare una risposta ma di formulare correttamente è una: “La L.52/2009 e successive evoluzioni (da Calderoli in giù) è la più grande legge truffa della storia degli stati democratici o un’occasione irripetibile di riscatto e sviluppo?”