A cura della Redazione

Pubblichiamo, qui di seguito, la lettera di una madre che per salvare il proprio figlio dalla droga è stata costretta ad un gesto estremo, mandarlo in carcere. Ma da quel momento è stata lasciata sola...

"Ci si riempie la bocca con la frase buonista “… a tutti deve essere data una seconda possibilità”. Ma ciò succede veramente a qualcuno che ha commesso degli errori?

Quale possibilità di recupero sociale, morale, affettivo, soprattutto per un giovane?

Ho fatto ciò che una madre non avrebbe mai pensato di poter o dover fare! Mandare in carcere il proprio figlio per salvarlo dalla droga e dalle amicizie (sic !) pericolose. Non me ne sono mai pentita. E’ stato motivo di sofferenza aggiunta. Non avevo scelta. Una estrema ratio di fronte ad un giovane che nega l’evidenza e si oppone ad ogni forma di recupero.

Ebbene, mio figlio ha scontato la sua pena. Ha pagato per il male che si è fatto e ha fatto a chi gli stava vicino. E’ a casa. Cambiato, responsabilizzato, consapevole degli errori commessi e degli anni di vita bruciati, ma…è senza lavoro (chi mai darebbe fiducia a colui che sulla carta è un pregiudicato?), senza amici (quale dei vecchi amici sporcherebbe la reputazione sua e dei suoi familiari frequentando un pregiudicato?), con un gran senso di vergogna e autostima sottozero.

Con un percorso psicologico sta cercando, molto faticosamente, di risalire la china ma intorno a sé vede solo il vuoto affettivo, mancanza di umanità ed empatia e, come direbbe Papa Francesco, misericordia. Ciò non lo aiuta. Ma a chi importa?

Porgo un grazie, a nome di tutti coloro che sperano in un futuro migliore, alla cosiddetta società civile...".

Lettera firmata