A cura di Felicio Izzo

Pubblichiamo integralmente lo scritto che Felicio Izzo dedicò nel 2018 ai 50 anni di pubblicazioni de “La Voce della Provincia”. Il dirigente scolastico lo ha integrato con riflessioni in seguito alla scomparsa due giorni fa del fondatore e direttore Pasquale D’Amelio.

C’è un’ora del giorno, differente per ognuno, che reca l’illusione di racchiuderle tutte, le proprie e quelle del mondo. Un’ora in cui sembrano svanire le percezioni tranne quella di sentirsi in sintonia con quanto gli occhi vedono, il cuore sente, la memoria ricorda. Un’ora in cui l’anima smette di essere muta e si riesce a starci insieme senza sentirne il peso.

E ci sono stagioni della vita in cui pezzi del passato, oggetti quotidiani, figure incrociate per caso e parole colte nell’aria ci riconducono alla pratica della memoria. Quel percorso struggente, lucido, timoroso o triste, gioioso o colmo di rimpianti fatto di innumerevoli istanti a scandire un’esistenza, a stabilirne, postumi, il senso e l’umore, il carattere e il colore. Un percorso, a conclusione del quale, ci ritroviamo giovani, adolescenti, bambini, a seconda degli ostacoli incontrati nel viaggio.

Certo, l’incanto dura poco, un attimo o poco più, il tempo di risentire un’emozione, di riviverne il tempo originario, la radice profonda e subito si ripiomba nel presente. Ma se, nel presente, ci troviamo di fronte allo stesso oggetto, solo leggermente mutato, come può essere il volto dell’amata, il corpo di un figlio che cresce, allora, l’impressione che se ne ricava è quella di un tempo senza fine, la fine degli uomini, naturalmente.

Certo, parlare di “eternità” sarebbe eccesivo. Ma non del tutto fuori luogo. Soprattutto se l’oggetto è un giornale, il tempo mezzo secolo. Sì, perché esattamente questi sono i termini di riferimento. Il giornale è, naturalmente, “La Voce della Provincia”, fondato nel 1968 e da allora, da sempre quindi, sempre sotto la stessa guida, con lo stesso direttore: questo sì un vero record! Un giornale che dal novembre di cinquanta anni fa non ha mai interrotto le sue pubblicazioni, nonostante le difficoltà, in particolare negli ultimi tempi, pagate con qualche ritardo ma mai tali da comprometterne l’esistenza; ed esistenza orgogliosamente di carta, mai come questa più dura e solida della roccia.

Sicuramente non spetta a me fare l’elenco dei tanti meriti di uno dei primi giornali locali, di certo il più longevo, legati alla sua funzione, non a caso, di voce – e voce critica e sovente scomoda – dei più importanti avvenimenti culturali, sociali, politici, sportivi di un territorio che un altro grande figlio di Torre aveva denominato “provincia” associandola alla condizione di “addormentata”.

Non spetta a me ricordare i tanti giornalisti affermati che nel giornale hanno mosso i primi passi e i tantissimi, assolutamente innumerevoli, che hanno vissuto il fascino e la seduzione, magari per una brevissima stagione, di un mestiere tra i più entusiasmanti, quello del giornalista. Sono certo che nel ripercorrere la propria esistenza, ognuno di loro ricorderà con particolare nostalgica intensità quel periodo della vita che le/gli ha regalato la compiaciuta soddisfazione di vedere la propria parola stampata, i propri pensieri affidati ai caratteri di un giornale che, visto con gli occhi compiacenti della giovinezza e del desiderio, non sembrava tanto distante dalle più famose testate nazionali.

Per questo il mio pensiero va al direttore, da sempre e per sempre lo stesso, al punto tale da diventare un’unica cosa, “La Voce della Provincia“ e Pasquale D’Amelio, una sorta di endiadi esistenziale. La sua avventura dello spirito è la più grande che un uomo possa vivere: porsi un sogno e farlo proprio per tanti anni. Il suo amore il più tenace di tutti, quello dell’uomo che si identifica con la sua vocazione. Perciò intendo celebrare la grandiosità del progetto di un giovane che, sicuro ed ambizioso nella sua tempra osca, muove alla conquista della città di mare, gloriosa ai suoi occhi, di strabiliante bellezza, compresa tra il Vesuvio e lo scoglio di Ercole.

Un sogno vissuto per un tempo così lungo, eppure quotidianamente con un’intensità che va al di là del semplice impegno, della stessa condizione di ragione di vita, per farsi vita stessa, inscindibile dalla persona. Perché i 50 anni che il giornale compie sono un’intera esistenza. Più della vita di tanti esseri umani. Più duratura di qualsiasi legame terreno. Più vecchia di un figlio.

Per tutto ciò se appare naturale augurare al giornale un altro mezzo secolo, suonerebbe come una ridicola piaggeria estendere lo stesso auspicio al direttore. Ma se dovesse non succedere nessuno a Pasquale D’Amelio nella perpetuazione della Voce, il silenzio che ne deriverebbe sarebbe insopportabile, per un’intera comunità, un territorio, per tutti noi. E una colpa di cui vergognarsi.

P.S. In una sua lirica, non a caso intitolata “Meditazione”, John Donne, al primo verso, annuncia, e come una verità necessaria e auspicabile, che nessun uomo è un’isola. Non faceva eccezione il direttore Pasquale D’Amelio, uomo di relazione e confronto, di narrazioni e legami. Io aggiungo che l’uomo è soprattutto il sogno che lo circonda come il mare circonda un’isola. Un mare da navigare, da sentire come proprio senza rotte da ricordare che non siano quelle consigliate dal vento, disegnate dal contorno della costa lontana, suggerite dai segnali dal cielo.

Ecco tale è stato Pasquale D’Amelio un uomo con un sogno per destino. Un sogno realizzato. Un destino compiuto.

(nella foto, da sinistra: Pasquale D’Amelio e Felicio Izzo)