A cura della Redazione
È fuggito dal carcere di «minima sicurezza» di Bollate praticamente piangendo. Ha anche lasciato un bigliettino, come un adolescente che scappa di casa, chiedendo scusa alla direttrice Lucia Castellano, ma lui dentro non ci poteva proprio rimanere. Poi, sempre con le lacrime agli occhi, ha rapinato un’automobilista, tentato una spaccata ad una gioelleria e assaltato una farmacia. Infine è stato preso. «Volevo uccidermi, mi ha fermato mia moglie» ha detto mentre lo portavano via. Pasquale Pagana (nella foto), cocainomane e rapinatore, nato a Torre Annunziata 35 anni fa, era scappato dalla più comoda prigione al mondo, e che forse ora rivedrà con il binocolo, a poco più di un anno dal fine pena. Bollate infatti è una struttura a «custodia attenuata» riservata ai detenuti modello. Poche guardie, possibilità di muoversi all’interno del carcere, corsi professionali, lavoro esterno. A Pagana era toccata la pulizie della caserma delle guardie, oltre alla cinta muraria. Mercoledì 11 è quindi uscito dal portone insieme al coetaneo Pasquale Romeno, dentro fino al 2013 per tentato omicidio, ma anziché svolgere le proprie mansioni ha deciso di scappare con lui. Non prima di aver lasciato una letterina alla direttrice con cui si scusava per l’evasione causata - sostiene - dalla mancata concessione della libertà vigilata. In strada ferma una Fiat Marengo, tira giù la ragazza alla guida e via. In viale Zara i due separano, Romeo scende e si dilegua, Pagana prosegue fino a via Monteceneri, dove, con il prurito di farsi una pista di cocaina, tenta la spaccata a un negozio di compravendita d’oro. Suona l’allarme e lui scappa a gambe levate. Poi molla la vettura in via Carnevali alla Bovisa e trova un riparo per la notte. Il giorno alle 19 si mette una maniglia in tasca e, spacciandola per una pistola, rapina 500 euro alla farmacia Ca’ Grande di via Suzzani. Ieri mattina però questo genio del male decide di nascondersi in via Fulvio Testi 308, dove abitano moglie, al sesto piano, e suocera, all’ottavo. E dove lo stanno aspettando gli uomini del commissariato Greco Turro, diretti dal sostituto commissario Nunzio Musarra. All’inizio Pagana fa finta di non essere in casa, poi si arrende all’arrivo del fabbro che sta per buttare giù la porta. Sempre piagnucolando dice che voleva prima tagliarsi le vene e poi buttarsi giù dalla finestra, ma è stato trattenuto dalla moglie. Adesso può piangere con calma in una comoda cella di San Vittore.