A cura della Redazione

Misura cautelare per due dirigenti dell'ASL NA 3 Sud - Distretto 56 (che raggruppa i Comuni di Torre Annunziata, Boscoreale, Boscotrecase e Trecase, la cui sede è ubicata in via Fusco a Torre Annunziata - vedi foto). Il GIP del Tribunale oplontino ha decretato per loro la sospensione dall'esercizio delle pubbliche funzioni e dal pubblico servizio per un anno.

I provvedimenti riguardano il responsabile dell'U.O. Semplice Assistenza Territoriale (UOS) e il responsabile dell'U.O.R.. Le accuse - mosse dalla Procura di Torre Annunziata che ha coordinato le indagni espletate dai carabinieri della Stazione torrese - sono di concussione, falsità ideologica in atto pubblico, abuso d'ufficio e violenza o minaccia per costringere a commettere un reato.

Stando alle investigazioni, piuttosto complesse, i due indagati avrebbero posto in essere, nell'esercizio delle loro funzioni pubbliche, comportamenti "allarmanti", li definisce il procuratore Nunzio Fragliasso, tra il 2020 e il 2021, nei confronti di una paziente affetta da una gravissima patologia (portatrice di tracheostomia e digiunostomia per lesioni irreversibili all'esofago).

"Per mera antipatia nei confronti della donna e del suo compagno - si legge ancora nella nota della Procura -, rei di essersi in più occasioni lamentati con gli stessi circa l'omessa consegna dei dispositivi medici loro spettanti, avrebbero dapprima ridotto e poi addirittura revocato l'assistenza domiciliare infermieristica alla paziente, facendo leva su certifcati medici dal contenuto ideologicamente falso redatti sia dal medico di base della paziente che dal medico referente dell'ASL, certificati, questi, estorti ai predetti medici mediante minaccia di avviare un procedimento disciplinare nei confronti dell'uno e di ostacolare l'attività professionale dell'altro, non fornendogli il personale infermieristico necessario per l'espletamento delle visite mediche".

A fronte delle rimostranze della donna, inoltre, sarebbe emerso che i due dirigenti avrebbero minacciato la stessa di revocarle l'assistenza domiciliare. E per farlo - è l'ipotesi accusatoria - avrebbero posto in essere indebite pressioni nei confronti del medico dell'ASL, deputato a certificare la necessità della paziente di ottenere l'assistenza domiciliare. E, resisi conto che tali condotte erano state "recepite" solo parzialmente dal professionista (che aveva ridotto i giorni a settimana del servizio, rifiutandosi di revocarlo in toto), avrebbero costretto, attraverso la minaccia dell'avvio del procedimento disciplinare, il medico di base della paziente ad attestare falsamente che quest'ultima non necessitava di assistenza.

Ottenuta tale attestazione, i due dirigenti - "arbitrariamente e senza previa riunione dell'apposita Commissione UVI (Unità di Valutazione Integrata, ndr)", scrive ancora il procuratoer - avrebbero disposto così la revoca del servizio, eliminando in tal modo a monte ogni occasione di "contatto" con la paziente, che non avrebbe dunque avuto più alcun motivo di rivolgersi a loro.

Per la Procura, sono stati "violati non solo i doveri inerenti la loro pubblica funzione ma soprattutto le regole deontologiche essenziali della medicina, in quanto (i due indagati, ndr) non si sarebbero fatti scrupolo di negare un servizio sanitario essenziale ad una paziente affetta da gravissime patologie".