A cura della Redazione

I militari dei Nuclei di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Napoli, Trieste e Frosinone, in collaborazione con il Servizio Centrale di Investigazione sulla Criminalità Organizzata, stanno dando esecuzione in Campania, Lazio ed Emilia Romagna a due decreti di sequestro preventivo aventi ad oggetto beni mobili e immobili per un ammontare complessivo di oltre 150 milioni di euro nei confronti di undici person.

Sono indagate a vario titolo, anche in forma associativa, per plurimi reati tributari, false comunicazioni sociali, trasferimento fraudolento di valori e autoriciclaggio. Per sei soggetti, contestata anche l'aggravante della finalità mafiosa in virtù della presunta agevolazione di due clan camorristici operanti nell’area orientale di Napoli e, per uno di essi, dall’aver commesso il fatto nell’esercizio dell’attività di consulenza fiscale.

Le indagini, che si sono avvalse anche delle convergenti dichiarazioni di collaboratori di giustizia, hanno fatto luce su articolati meccanismi di frode nel settore degli idrocarburi realizzati, tra il 2015 e il 2021, mediante la costituzione, in Italia e all’estero, di società “cartiere” funzionali a permettere a terzi l’evasione dell’IVA e delle accise e l’applicazione ai consumatori finali di prezzi illecitamente competitivi.

Le società in questione presentavano, infatti, i tratti tipici dei soggetti economici inesistenti: la rappresentanza legale era attribuita a soggetti privi di esperienza imprenditoriale, nullatenenti e gravati da precedenti di polizia, a cui veniva garantito un corrispettivo dai promotori del sodalizio. L’operatività era limitata nel tempo per evitare controlli ispettivi. Evidenziato inoltre l’ammontare sproporzionato, in un limitato spazio temporale, di acquisti e vendite di gasolio per autotrazione.

Ed ancora, i soggetti economici non avevano sedi, depositi, dipendenti e mezzi aziendali, non assolvevano agli obblighi contabili, dichiarativi e di versamento delle imposte, l'attività di “impresa” veniva di fatto cessata dopo l’avvio di accertamenti di natura fiscale o giudiziaria, con il subentro di nuove “imprese” aventi le medesime caratteristiche.

Tra i principali beneficiari della frode vi è una società di Napoli che, fino alla dichiarazione di fallimento, era cogestita di fatto - ritengono gli inquirenti - da elementi di vertice dei clan Formicola e Silenzio, uno dei quali già destinatario di una misura di prevenzione patrimoniale antimafia.

Agli amministratori di diritto o di fatto vengono contestati anche i reati di autoriciclaggio per aver impiegato nell’attività economica ingenti flussi finanziari provenienti da una società “cartiera”, e di falso in bilancio per aver rappresentato, attraverso crediti inesistenti, una situazione di solidità patrimoniale e di affidabilità creditizia in luogo di ammanchi che avrebbero dato luogo ad una riduzione del capitale sociale.

Le indagini hanno fatto emergere il concreto rischio che gli indagati vanificassero la garanzia patrimoniale per l’Erario anche attraverso operazioni su conti esteri, la costituzione di trust, l’iscrizione a piattaforme di bitcoin e la reiterata fittizia intestazione di società e di beni mobili e immobili a soggetti prestanome.