A cura della Redazione
Con i tempi che corrono, parlare di donne è diventato una moda. Molti personaggi femminili campeggiano da qualche mese a questa parte sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo, imponendo ai più una serie di interrogativi a proposito della sfera del cosiddetto gentil sesso, di ciò che significa essere donne in questo Paese. In tanti si sono posti il problema solo adesso, a fronte di una situazione che è diventata ingestibile e che ha finito col tracimare. L’associazione “La Libellula”, con sede a Torre Annunziata, si pone degli interrogativi da molto tempo. Non ha di certo atteso i venti di guerra delle vicende berlusconiane per porre l’accento su questioni che da anni, silenziosamente, gravano sulla collottola del nostro Paese. In occasione della giornata internazionale della donna, La Libellula ha chiamato a raccolta i suoi accoliti, e chiunque fosse interessato ad una serata speciale, al Caffè Letterario Nuovevoci, per portare avanti delle riflessioni avvalendosi del contributo del Teatro oltre che di quello degli addetti ai lavori. L’incontro è durato circa tre ore, suddiviso in due parti. Il momento iniziale ha visto calcare il palco la compagnia de “Le Anastasie”, in scena con “Amadonna”: le attrici hanno interpretato dei brani tratti dai principali autori di tutti i tempi che avevano come oggetto il mondo femminile. Eduardo De Filippo, Franca Rame, Virginia Woolf, Eugenio Montale sono solo alcuni dei grandi nomi che sono indirettamente intervenuti alla serata attraverso il loro spettacolo che ha trattato diversi temi, sempre con garbata ironia, da quelli più leggeri, quotidiani, ai più duri e difficili da analizzare. A seguire, la presidentessa dell’associazione, Nunzia Caruso, affiancata dalla professoressa Annamaria Musilli, antropologa, e da Speranza Del Giudice, membro della Commissione per le Pari Opportunità alla Provincia di Napoli, hanno discusso su argomenti molto concreti, coinvolgendo tutto il pubblico presente. A fronte delle tante leggi promulgate a sostegno delle donne, alla luce dei tempi che cambiano, della parità dei sessi che sembra così vicina, eppure sempre un passo più distante da chi la insegue, ci si è chiesti come viva la donna italiana, meridionale, il suo tempo. L’antropologa Musilli ha posto l’accento su alcuni studi condotti sul campo, grazie ai quali è stato possibile tracciare la storia tipo di una giovane donna del Mezzogiorno, dagli anni della prima giovinezza a quelli immediatamente successivi, che molto spesso siglano la fine della vita sociale della giovane a causa della maternità, spesso accidentale, ma molte volte desiderata per una serie di motivi di ordine culturale, che arresta la crescita della ragazza. Che finisce per autoconfinarsi in casa, presa dal nuovo compito di madre, senza riuscire a ritagliarsi uno spazio proprio, un percorso d’autonomia che le consenta di crescere, migliorare e realizzarsi. Il punto comune a cui tutti sono giunti ha un solo nome: cultura. L’impegno de “La Libellula”, ribadito a gran voce la sera del 5 marzo, è quello di diffondere l’importanza della cultura. Prima ancora che si possa accedere ad essa, occorre che tutti sappiano quanto è importante servirsene e prendervi parte. Fondamentale, secondo la Caruso, è riconoscere che le donne sono prima di tutto persone, dotate di una propria dignità, di una mente pensante che potenzialmente potrebbe arrivare molto in alto. Ma per convincere gli altri è d’obbligo convincere prima se stessi, e a “La Libellula” sanno bene che non è facile, specialmente per chi è da sempre stato abituato a vedere le cose in un’unica maniera, tipica di un contesto suburbano duro come può essere quello della provincia campana, così simile a molte altre zone del Sud Italia. Eppure, anzi, proprio per questo, il cammino dell’associazione non si ferma, porta avanti le sue idee di libertà e dignità attraverso manifestazioni come quella di sabato scorso, dove ognuno può dire la sua, anche gli uomini. Guardare alle donne non vuol dire escludere, infatti, il genere maschile. La cooperazione è necessaria, al fine di migliorare una situazione sociale che si staglia in uno stato di pericolosa ambiguità. In attesa di nuove mosse da parte de “La Libellula”, l’invito è quello di riflettere su quanto è stato detto e su tutto quello che ci sarà ancora da dire, insieme. CHIARA MINIERI (Dal settimanale TorreSette del 11 marzo 2011)