A cura della Redazione
“Il teatro è il luogo incantato dove si ritrovano antichi sogni”. Antonio Annunziata ricorre ad un aforisma per rivelare lo slancio, il coinvolgimento e l’impeto che ispirano la sua passione per il palcoscenico. Un’attrazione irresistibilmente fatale la sua che, fin da ragazzino, lo ha proiettato verso quella che lui stesso ama definire “eterna favola che ci conserva bambini”. Antonio Annunziata è l’attore-regista torrese che ha aggiunto la tessera risolutiva per completare il mosaico teatrale denominato “I Senzartenèparte”. Una compagnia formata da ex allievi del laboratorio teatrale “Anita Sorrentino” (attivo presso il Liceo Pitagora di Torre Annunziata) che dal 2004 hanno inteso perseverare in un percorso artistico, sviluppando e dilatando l’attività con la realizzazione di numerose rappresentazioni. Un tragitto caratterizzato da una progressiva crescita, maturata con l’adozione di testi della commedia comica tradizionale napoletana e con qualche incursione tra autori contemporanei come Vincenzo Salemme. Il ruolo di Annunziata, nell’ambito di questa progressiva evoluzione, non è rimasto confinato nel perimetro della cabina di regia, ma è risultato fondamentale per raccogliere un’autentica sfida lanciata recentemente dai ragazzi: cimentarsi con il dramma e, soprattutto, con la recitazione in lingua. Nasce così l’idea di portare in scena “Johnny Belinda”, tre atti del drammaturgo statunitense Elmer Blaney Harris. «Un test probante – sottolinea Antonio Annunziata – nato dall’esigenza di questi giovani di misurarsi con un’opera inusuale per la tipologia di lavori finora realizzati e che di fatto ha inaugurato un loro nuovo percorso artistico». Un lavoro da sempre annoverato tra quelli tosti, di difficile impatto che tratta argomenti delicati come l’handicap fisico sovrapposto alla violenza, all’ignoranza, all’amore, al dramma di una comunicazione condizionata dal vivere una condizione da figlio di un Dio minore. Uno stato dall’apparente quanto irreversibile inferiorità esistenziale che l’incalzare dei colpi di scena della vicenda riesce poi a convertire in un messaggio non solo di speranza, ma di vita autentica. La preparazione della commedia aveva trasmesso ai giovani componenti della compagnia preoccupazioni, insicurezze, smarrimenti. Sentimenti attribuibili alla sfera dell’incertezza che si materializzavano dopo aver deciso di utilizzare un varco per l’ingresso in palcoscenico molto complesso e, soprattutto, diverso da quello più familiare e semplicistico della farsa in dialetto. Diffidenze, trepidazioni e batticuori (se vogliamo, anche da parte del pubblico), invece, si sono magicamente dissolti davanti ad una messa in scena severa, attenta e convincente dove è emerso, inconfutabile, il lavoro di una regia scrupolosa che è riuscita a capitalizzare le indubbie qualità dei singoli a beneficio di uno spettacolo gradevolmente attraente (e non è poco per un dramma). Uno standard interpretativo di buon livello raggiunto dai ragazzi de “I Senzartenèparte” grazie all’abnegazione e ai sacrifici ai quali si sottopongono. Su tutti si è imposto prepotentemente il personaggio difficile, intricato ed emozionante di Belinda, magistralmente interpretato da una sontuosa Marella Solimeno. GIUSEPPE CHERVINO Dal settimanale TorreSette del 25 novembre 2011