A cura della Redazione
Andare o restare: questo da sempre è l’eterno dubbio. Afflisse anche Dino De Laurentiis e Maria Orsini, due torresi di un’altra epoca che il destino ha voluto accumunare nel giorno dell’addio. Resta quel marchio d’origine: nati a Torre Annunziata, un’altra città rispetto a quella che viviamo oggi, eppure pervasa dalle stesse contraddizioni, dalle stesse lotte per il lavoro che non c’è mai, dalla stessa autolesionistica capacità di farsi del male. Ecco perché non ebbe esitazioni Dino De Laurentiis a risolvere il suo dubbio: Torre gli stava stretta, voleva fare il cinema, e il cinema in Italia era a Roma. Lasciò amici, famiglia e un futuro precario da padrone di pastificio per provare a realizzare il proprio sogno. Che poi era quello di fare l’attore: il book era una collezione di istantanee ispirate ai divi degli anni trenta, testa impomatata e sorriso sofferto, un cliché più che una condizione dell’animo, sempre vivacemente irrequieto. Troppo piccole Torre Annunziata, Napoli, l’Italia per i suoi disegni, qui restavano gli affetti, le sue sorelle. E anche un po’ d’indifferenza, quasi che la sua città si sia sentita tradita. Come in quelle storie di amanti dove l’amore si spegne lentamente con il diradarsi degli incontri, con la nuova quotidianità che prevale sulla voglia di rivedersi. Ricordo qualche apparizione estiva ai giardinetti del Lido Azzurro, era la fine degli anni ’60. Poi l’America, le superproduzioni, le terribili disgrazie di famiglia e il rapporto tra Torre e Dino s’interruppe. Restarono la famiglia e qualche apparizione pubblica. Troppo poco per progettare qualcosa insieme: per dispensare lui pillole di esperienza, per cercare noi di sfruttare un patrimonio di creatività infinito. Maria Orsini era una ragazza di buona famiglia e di ottime letture, quando Dino cominciò a collezionare i primi successi. Da produttore, però, mestiere che diventò una specialità familiare. Maria aveva già forti le sue pulsioni intellettuali: Mario Lettieri, Michele Prisco e Mario Guaraldi erano i riferimenti di una generazione che volava oltre i confini che la dittatura imponeva. Andare o restare fu anche il suo dubbio, la decisione però fu meno istintiva, più ragionata, meno eversiva: ha girato tanto, ma sempre avendo come punto d’attrazione Torre Annunziata, i ricordi di un mondo che aveva vissuto sapendo che s’avviava incoerentemente alla propria dissoluzione. Tutto fermato sulla carta, pensieri che pudicamente diventavano pagine, poi custodite nel cassetto per anni, per decenni addirittura. Prima di materializzarsi con Francesca e Nunziata, la nostra storia che per tutti continuerà con l’eterna bellezza di Sofia Loren, il volto che ha interpretato pensieri e parole della Nostra Signora. Ma non c’è libro che non sia un manifesto d’amore per la sua terra, al di là dei confini comunali: la terrazza rosa della giovinezza, le ricette che già attraversano i ricordi di Francesca fino ad approdare nella cucina buona di don Alfonso, il cavallo che reincarna l’antica nobiltà. Le immagini che Maria Orsini ha regalato non sono solo nostalgici amarcord, non sono ritagli di memoria che accrescono i rimpianti di chi quegli anni li ha vissuti, ma anche testimonianza di un altro modo di essere torresi. Restare o andare: stavolta Dino e Maria non hanno potuto scegliere. Sono andati. E, purtroppo per tutti, non torneranno più, né a Torre, né altrove. MASSIMO CORCIONE ©Riproduzione riservata