L’Amore è un’entità fondamentale per ogni tipologia di attività. L’assenza di questo valore si avverte immediatamente. Da una parola, da un semplice sguardo, da una sola nota. Quando ieri sera si sono spente le luci in sala al Politeama di Torre Annunziata per dare inizio allo show, l’Amore (sì, quello con la maiuscola iniziale) è entrato in scena inconfutabilmente e non ha mai abbandonato il palcoscenico per oltre due ore. L’atto d’amore promesso dal gruppo musicale I Miura per festeggiare i cinquant’anni di attività, si è compiuto attraverso la magia che sprigiona la musica.

Che bello e che emozione vedere il teatro pieno e sapere che tutte quelle persone erano lì sì per omaggiare musicisti e artisti straordinari, ma anche e soprattutto per coniugare nella maniera più tangibile il termine “solidarietà”.  E Don Pasquale Paduano, parroco della parrocchia dell’Immacolata Concezione rafforza il concetto: «Grazie a tutti questi artisti meravigliosi capaci di trasformare la musica in amore. Potevate festeggiare il traguardo dei cinquant’anni in tante maniere diverse. Avete scelto di condividere questa gioia con i meno fortunati e questo vi rende dei grandi uomini». Don Pasquale è il promotore della Mensa Don Pietro Ottena destinataria del ricavato della serata, ma è impegnato anche in progetti umanitari come la costruzione di un orfanotrofio nel Burundi, in collaborazione con l’associazione Murakoze Cane.

Tocca ad Ignazio Laiola accompagnare alla sua maniera l’apertura del sipario che introduce I Miura: eleganti, in splendida forma, emozionati quanto basta. Tra i colori del sapiente gioco di luci si immergono nell’atmosfera del grande evento ideato, coordinato, curato e diretto da Achille De Luca, assolutamente a proprio agio anche nel ruolo inedito di conduttore dello spettacolo. Il direttore artistico si concede solo un attimo di palese commozione iniziale quando ricorda Fred Bongusto (scomparso un mese fa) di cui è stato per due anni road manager. I Miura si presentano con tre dei sei musicisti fondatori del gruppo nel 1969: Gigi Ragone (tastiere), Franco Corfeo (voce e chitarra) e Umberto De Felice (basso). Per l’occasione si aggiungono Rino Certo (batteria), Peppe Troise (chitarra), Gigi Patierno (Sax e flauto) e Lello Vitiello (tastiere).  

L’overture è suggestiva. Il trasferimento agli anni sessanta è immediato, ma avviene con un sound contemporaneo quanto eccellente arricchito da una tecnica pregevole, per niente scalfita dagli anni trascorsi. E’ la loro festa e questo speciale appuntamento l’hanno voluto impreziosire con un parterre di ospiti d’onore a dir poco straordinario. E’ Tonino D’Ischia ad aprire questo nutrito elenco. Il più celebre crooner torrese degli anni sessanta dimostra che il gap “tempo che passa-voce e carisma” è pressoché inesistente. I suoi omaggi agli chansonnier francesi e allo stesso Fred Buongusto sono semplicemente sublimi. La sontuosa voce di Francesca Maresca, poi, assicura la quota rosa dell’evento. E che quota! Il suo “Il nostro concerto” di Umberto Bindi penetra nel profondo dell’animo dei presenti.

Fuori scaletta, a sorpresa, sale sul palco Gianni Averardi, batterista storico de “Il Giardino dei Semplici”, di Totò Savio e fondatore del gruppo musicale “I Campanino”. Averardi sceglie l’emblematico e significativo hit degli Showmen “Non si può leggere nel cuore” per stabilire un contatto immediato e coinvolgente con il pubblico. Nel frattempo I Miura si intersecano con gli ospiti proponendo, tra l’altro, omaggi musicali a mostri sacri che hanno scritto la storia della canzone italiana come Giulio Rapetti Mogol. Quando Achille De Luca invita Nello Buongiorno ad esibirsi, dalla platea scatta una spontanea standing ovation. Brividi autentici arrivano finanche nell’imbottitura delle poltrone della sala Pelè nel momento in cui il cantante torrese (rivendica con fermezza le sue origini anche se da anni vive a Positano) propone “If you don't know me by now” scritta nel 1972 da Kenny Gamble e Leon Huff, nella cover “Tu non mi lasciare mai”.

Il contatto magico e suggestivo stabilito dal palco con la platea non si interrompe con la performance di Gianfranco Iervolino. Anzi. Il pizzaiolo-chansonnier seduce irrimediabilmente gli spettatori con un omaggio alla tradizione della canzone napoletana. Dopo due incursioni (anche queste fuori scaletta) di Matteo Masullo al violino, Franco Quartuccio alle percussioni e le “estemporanee” di Ignazio Laiola, arriva il momento del tenore Francesco Malapena. E’ a questo punto che viene registrato il più alto livello di decibel della serata al teatro Politeama. Malapena ipnotizza tutti, musicisti compresi, con sua potentissima e straordinaria voce e chiude le esibizioni degli ospiti decretando l’assegnazione definitiva all’evento dell’aggettivo “memorabile”.