A cura della Redazione

E’ difficile immaginare come si possa in questo momento storico organizzare delle attività culturali che dovrebbero distrarci da quanto sta accadendo. Tuttavia la cultura, come quella che fa rivivere gli uomini e le loro vicende, potrebbe aiutarci a superare anche la criticità che stiamo vivendo, senza però distogliere l'attenzione dalla normalità che caratterizzò i nostri giorni passati e senza coprirla sotto il velo dell'oblio.

In questo contesto storico culturale rientrano anche le attività connesse alla commemorazione del 25 aprile, Festa della Liberazione cui, nonostante le difficoltà contingenti, non possiamo rinunciare per diversi motivi: in primis quello morale, perché, da italiani, abbiamo il dovere morale e civico di ricordare il sacrificio offerto dai nostri Padri per riscattare il diritto della Libertà, fondamento di tutti gli altri diritti; inoltre le commemorazioni costituiscono un momento di riflessione per comprendere il grande valore di questo bene, soprattutto in questo momento di emergenza che ci ha visti relegati per alcune settimane nelle nostre abitazioni, rimpiangendo le consuetudini più semplici, cui in tempi liberi non avevamo dato il giusto valore. Ma quest'anno, ob torto collo, com'è giusto che sia, ogni manifestazione pubblica è stata annullata, sia per motivi di sicurezza sia per rispetto di tutte le vittime mietute dal coronavirus.

Ognuno di noi vivrà il suo 25 aprile come meglio potrà. Qualcuno forse lo vorrà ricordare col canto, qualche altro trascorrendolo come un normale giorno pari agli altri che ci siamo lasciati alle spalle: l'importante è che il nostro pensiero anche per un attimo sia dedicato all'evento storico della Liberazione, grazie al quale la nostra Patria ritrovò il suo spirito libero e la sua unità.

Con la Liberazione non dimentichiamo che parliamo di tutti quegli eroi che combatterono con tenacia e con coraggio per restituirci la dignità di uomini liberi. E noi quale valore diamo oggi a questo dono? E difficile deciderlo.

Ecco, noi dobbiamo ricordare soprattutto quegli uomini che, pur avendo combattuto fino al sacrificio della propria vita, non hanno ricevuto gli stessi onori che avrebbero meritato per le loro gloriose gesta. Né un lume e né una menzione.

Allora il compito affidato a quegli instancabili e attenti ricercatori di Storia Patria è anche quello di poter liberare questi uomini e queste donne dall'oblio, liberarli e gridare finalmente i loro nomi ai quattro venti affinché vengano giustamente riscattati dalla Memoria di tutti.

Così, anche se in modo virtuale, vogliamo riportare alla luce, fra i tanti, i nominativi di quattro nostri ragazzi, perché, nonostante fossero degli audaci combattenti, formati da un’epoca caratterizzata da una particolare e quanto mai difficile condizione socio politica, erano sempre dei ragazzi.

I nostri quattro eroi erano giovani di Torre Annunziata e Boscotrecase, che, per un ideale, imbracciarono un fucile e fecero delle scelte difficilissime fino a quella che li avrebbe condotti ad affrontare consapevolmente il sacrificio estremo.

Aniello Avitabile, nato a Torre Annunziata il 10 marzo del 1919 da Luigi e Romano Filomena e residente in via Sambuco 64; Liberato Balzano, nato a Boscotrecase il 12 aprile del 1917 da Simone e Armando Pasqualina e residente in via Balzano 8; Salvatore Costa, nato a Torre Annunziata nel 1916 da Antonio e Barbera Maria, residente in via Terragneta 77, e Antonio Nocerino, nato a Ercolano il 10 maggio del 1920 da genitori a noi ignoti ma residenti a Torre Annunziata in via Vittorio Veneto 88.

I destini di questi quattro nostri ragazzi hanno una data in comune, l’8 settembre 1943, Armistizio breve di Cassibile tra l'Italia e le potenze alleate, con cui si impose alla nostra Nazione di deporre le armi in modo incondizionato e a mettere fine alla insensata politica espansionistica portata avanti fino a quel momento dai gerarchi fascisti. Così, interrotta anche l’alleanza con la Germania, tutti i soldati italiani che fino a quel momento si trovavano a combattere sui diversi fronti di guerra, abbandonati al loro destino anche dai loro stessi ufficiali, in rotta e disorientati, furono posti davanti una difficile scelta: arrendersi ai nazisti e consegnare le armi per poi farsi internare, oppure combatterli per poter riscattare la propria libertà e quella dei popoli oppressi, con la consapevolezza di dover affrontare l’estremo sacrificio.

A quest’ultima scelta risposero molti dei nostri soldati, che da invasori divennero presto liberatori, in qualità di combattenti tra le fila di reparti militari italiani superstiti, oppure costituiti ex novo al fianco dei tanti schieramenti di liberazione nazionale e di partigiani paramilitari.

Aniello Avitabile e il boschese Liberato Balzano, entrambi fanti dell’83° Reggimento di fanteria “Venezia” della Divisione alpina “Taurinense” da tempo impegnati sul fronte dei Balcani, dichiarati dispersi dopo l’8 settembre ‘43, come tanti altri loro compagni superstiti della stessa divisione, vennero invece individuati poco dopo come combattenti partigiani, sempre in territorio balcanico, contro l’esercito tedesco.

Così si comprese che i superstiti della Divisione alpina “Taurinense” si erano riorganizzati in un nuovo reparto militare col nome di Divisione Italiana Partigiana “Garibaldi”, inquadrato nell’Esercito Popolare di Liberazione jugoslavo, continuando strenuamente quella lunga e difficile battaglia in un territorio ostile anche per la sua difficile morfologia.

Tuttavia agli inizi di novembre cominciò la capitolazione della “Garibaldi” che, nonostante gli atti eroici di rivalsa, nulla potette contro la soverchiante forza militare nazista.

Il 12 novembre del 1943, Aniello venne fatto prigioniero a Bradareno, in Montenegro, e dopo un lungo periodo di prigionia trascorso in Jugoslavia, il 15 aprile del 1944 venne deportato in Germania. Una notizia frammentaria ci rivela che venne condotto in un campo di concentramento contrassegnato col numero 501, da cui purtroppo non è mai più ritornato.

Successivamente alla cattura di Aniello, Liberato continuò la sua lotta tra le fila dei reparti partigiani jugoslavi fino al 31 dicembre del 1943, giorno in cui venne ucciso durante un’azione di combattimento sempre in territorio montenegrino.

Anche il carabiniere Salvatore Costa, al momento dell'armistizio, si trovava in Jugoslavia. Ed anche lui scelse di non arrendersi e di intraprendere con onore la sua guerra contro gli odiati nazisti. Sempre tra le fila della Divisione Italiana Partigiana “Garibaldi”, Salvatore lottò fino al momento in cui non venne fatto prigioniero. Morì di stenti il 2 maggio del 1944 in un campo di concentramento tedesco allestito in territorio bosniaco.

Il giovanissimo Antonio Nocerino, appena 23 anni al momento dell’Armistizio, venne classificato come “milite” partigiano. A dare notizie di questo ragazzo, considerato fino a quel momento disperso in un Paese sconosciuto, è un espresso raccomandato del Ministero italiano della Guerra, inviato il 2 luglio del 1945 al sindaco di Torre Annunziata, Nicola Medici.

Anche Antonio era giunto in Jugoslavia con i reparti militari italiani e aveva preso posto tra i combattenti partigiani del VI Battaglione di Liberazione Italiano in Jugoslavia. Venne ucciso in combattimento a Lissa, isola dalmata dell’arcipelago croato al largo di Spalato, il 24 settembre 1944.

A tutti Loro va il nostro plauso e la nostra riconoscenza.

VINCENZO MARASCO - LUCIA MUOIO