Sono le sette pomeridiane del 28 novembre 1872. In via del Popolo 67, nella casa del cavaliere Arturo Vitale, di anni 24, viceagente delle imposte a Torre Annunziata, figlio del barone Giovanni, nasce un bambino.

Lo partorisce la moglie Giuditta Napoletano, di anni 26, e lo dichiara il padre il giorno dopo, alle undici del mattino (atto 713) dandogli il nome di Guido Amedeo. Questo neonato diventerà, una volta adulto, un diplomatico e linguista, il più grande sinologo italiano, esperto di storia, letteratura e cultura cinese di tutto l’Ottocento, uno tra i principali in Europa.

A 19 anni, nel 1891, aveva già terminato gli studi di Filologia Orientale presso l’Istituto Universitario Orientale di Napoli, L’anno dopo era in Cina come interprete, presso l’ambasciata italiana di Pechino, e vi resterà  per 22 anni. Durante la rivolta dei Boxer, nel 1901, fu corrispondente da Pechino con la stampa italiana. L’anno successivo, si adoperò come mediatore per ottenere la Concessione italiana di Tientsin, nel giugno del 1902.Restò in Cina fino al 1914, presso la Real Legazione del nostro paese, al servizio del ministro pleni-potenziario Carlo Sforza. 

In quell’anno ritornò in Italia, avendo ottenuto la cattedra di lingua e letteratura cinese presso l’Istituto universitario Orientale, dove si era laureato e di cui diventerà  direttore dal 1916 al 1917. Purtroppo il 20 maggio 1918, fu vittima di un tragico episodio. Mentre era seduto a gustare un caffè nella Galleria Umberto I di Napoli, fu colpito da un proiettile esploso dalla pistola di uno dei due pregiudicati che si erano affrontati tra loro in seguito ad un litigio e morì assassinato, casualmente, all’età di 45 anni. 

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